mercoledì, aprile 24, 2013

Maledetta Primavera

L'unico commento serio alla partita di Domenica sarebbe il seguente:

"......................................................."

Però un paio di cosette, Roma mia, mi sento di dirtele:

1) Col Pescara dovresti vincere schierando i bibitari e i magazzinieri;
2) Col Pescara dovresti vincere anche non sapendo giocare a pallone;
3) Col Pescara, sapendo che la Fiorentina e il Napoli pareggiano (pur temporaneamente ma tu non lo sai) e che la sera c'è Juve-Milan, dovresti vincere anche solo con la forza del pensiero;
4) Col Pescara, sapendo che la Lazio ha perso, dovresti vincere e basta. Di che stiamo a parlare;
5) Col Pescara, per non andare incontro ai nefasti presagi di cilecca clamorosa tra 34 giorni, non ti dico di fare sesso sfrenato ma almeno una pomiciatina sarebbe stata d'uopo. Che poi se punti tutto su un solo orgasmo calcistico, se non arriva è una sorta di psicodramma da ricovero in un centro di igiene mentale, te lo dico in totale onestà. Magari ci potremmo divertire un po' prima. Ripassare le basi. Consiglio da amica, eh?

....Maledetta Primavera (che non abbiamo schierato).

giovedì, aprile 18, 2013

Il giorno dei giorni

(foto afp)


Ci sono partite che sono come primi appuntamenti.
Quei primi appuntamenti su cui punti tutto dopo 2 anni di esperienze fallimentari.
Quelli carichi di attese e aspettative.
Talmente carichi che cinicamente pensi che non abbiano nulla da riservarti, se non la solita solfa.
E può capitare che passi i primi 45 minuti seduta chiedendoti come diavolo hai fatto a trovarti lì e in quel momento.
La conversazione langue, i silenzi sono opprimenti, l'interazione non decolla.
Basta un episodio per farti pensare che è tutto finito prima di iniziare.
E ti innervosisci, non vedi l'ora che finisca e che ti portino il conto.

Poi ad un certo punto vedi che le cose cominciano a girare.
Che non è proprio tempo sprecato.
Che forse hai scelto la serata giusta.
Le parole fluiscono, i pensieri collimano, le frasi si finiscono a vicenda. 
L'eccitazione sale, l'attrazione la senti.
E il tempo che ti separa dal primo bacio ti sembra eterno.
E la paura che non accada ti toglie il fiato.
E poi arriva, improvviso, inaspettato, semplicemente meraviglioso e infinitamente liberatorio.
Al minuto 55, secondo più, secondo meno.
E vuoi subito il secondo e poi il terzo.
Quei baci che non ti bastano mai.
Ma tocca darsi la buonanotte per stasera.
Al minuto 90.
Recupero più, recupero meno.

E tocca anche darsi appuntamento tra 38 giorni. 
Lunghissimi 38 giorni.
E' finito il tempo dei baci.
Con una notevole ansia da prestazione.

Sarà finale.
Sarà Derby.
Sarà attacco di angina pectoris.
Sarà il giorno dei giorni.
Abbiate cura di voi.

mercoledì, aprile 17, 2013

Te la ricordi Lella?

Quando penso al Torino penso alla finale di Coppa Italia al cardiopalma del 1993.

Penso a Giannini che tira 3 rigori.
Penso a Fimiani in porta.
Penso a Boskov in panchina.
Penso che giocavamo con Bonacina, Benedetti e Comi.
Penso a quel capellone di Silenzi (che poi non so se era più capelli o più naso) e a come m'ha ammazzato l'urlo in gola.
Penso alla mia lettera d'amore alla Squadra che il Guerin Sportivo pubblicò la settimana dopo.

Quando penso al Torino, insomma, campo di ricordi.
Di ricordi di una Roma testaccina che ci provava fino alla fine anche quando tutto sembrava perduto. E magari lo era, ma non si arrendeva all'evidenza.

Ricordi, per l'appunto.

La formazione dice che è figlia del turn over in vista della semifinale di coppa, ma è comunque quella che è universalmente riconosciuta come un vero e proprio accrocco.

Ritiriamo fuori dalla naftalina Balzaretti, rifacciamo la cipolla a Osvaldo, proviamo Dodò dall'inizio e Perrotta per tenere alta la bandiera della retroguardia spallettiana.

Insomma si tira per tirare, si lancia per lanciare, si cammina per camminare.

Che poi pensi, che ambizioni avrà questo Torino qui? Galleggia a fondo classifica ma lontana dal baratro, non è che c'ha appuntamenti a breve, giocherà una partita tranquilla e ordinata sperando di buttarla dentro se capita.

E invece eccoteli qui, pronti col coltello fra i denti.

E' vero pure che se ti presenti in queste condizioni è anche istigazione a delinquere.

Fatto sta che non ci temono e noi non è che facciamo qualcosa per impaurirli.

Riprova sta nel fatto che andiamo in vantaggio con l'unica variabile che, comprensibilmente, non avevano preso in considerazione: un cross di Balzaretti. C'è chi grida al miracolo, c'è chi vede apparire segnali in cielo "in hoc signo vinces" manco fossimo a Ponte Milvio, c'è chi è colto da attacchi epilettici, il che è ulteriormente alimentato dal fatto che la testa che la mette dentro è quella di Osvaldo, neanche ci ricordavamo di averlo (io in realtà sì, visto che è stata la rovina del mio fantacalcio).

Dopo un uno-due del genere non puoi non pensare che i pianeti non si siano allineati per 90 minuti per farti portare a casa sti 3 punti.

E quando si allineano i pianeti serve un evento astrale notevole per farli disallineare nel giro di 8 minuti. 
Tipo un rinvio su se stesso di Burdisso che consente a Bianchi di metterla comoda comoda in porta con Stekelenburg messo tranquillamente a sedere.

Oh, 1 a 1. Stavamo preoccupati.

Con Cerci che ha improvvisamente imparato a tirare le punizioni anche un po' più di preoccupati. 
Per fortuna c'ha ancora il retaggio di esser stato uno di noi in quanto a rapporto con le misure e prende sempre uno dei pali. 
Noi invece continuiamo ad avere sempre dei leggerissimi problemi cardiaci ma tant'è.

Non è comunque la strada per andare in paradiso.
O, qualora lo sia, è decisamente buia e noiosa.

Fino al nono minuto del secondo tempo (minuto fino al quale dormivo sul divano), quando Totti entra in campo e finalmente il gioco esclama "mi illumino d'immenso".

E voi mi direte: è merito di Totti il gol da applausi a scena aperta di Lamela pochi minuti dopo? 
Mah, probabilmente no, ma io una domandina me la farei, non la prenderei proprio per una coincidenza.

Fatto sta che vinciamo, che facciamo? 
Non ce lo facciamo prendere qualche attacco alle coronarie nella mezz'ora che resta?
Orsù.

Il Toro ci prova, anche se con il Capitano in campo adesso un po' di paura ce l'ha. 
Cerci ha ben interpretato il ruolo dell'ex rompipalle e ce la mette tutta per farmi andare di traverso il pranzo domenicale.

Noi ci proviamo un po' meno e l'attacco è decisamente smarrito tanto che l'analisi tecnica migliore l'ha fatta mia madre, passata a vedere se eravamo ancora vivi, chiedendo "Ma chi è quello che cammina senza meta invece di correre in area?" - "Osvaldo, mamma, Osvaldo".

E quindi tra picchi dell'elettrocardiogramma e Balzaretti che adotta la strategia dell'espulsione per non dover esser costretto a riprovare a crossare, arriva il triplice fischio a donare un po' di sollievo al nostro fisico, che dopo una stagione come questa un po' provato lo è.

Oh, abbiamo vinto.
Oh, certo potevano pareggiare.
Oh, mica staremo a fare gli schizzinosi.
Oh, so' 3 punti.
Oh, te li ricordi?
Oh, la Lazio ha perso.
Oh, stiamo a pari punti.
Oh, come due settimane fa.
Oh....che volemo fa'?

Te la ricordi Lella? 
Quella della canzone, quella che "dice co'la faccia indifferente: me so' stufata nun ne famo gnente e tireme su la lampo der vestito..." 

Non ha fatto una bella fine....

Giù la lampo, Roma mia, facciamo un po' l'amore con sto campionato che magari ci divertiamo pure.


martedì, aprile 09, 2013

Non è tempo per noi

E prima o poi arriva.
E puoi far finta che sia una partita come le altre.
Tu.
Il tuo stomaco, la tua testa invece no.
Lo capisci quando passi la giornata a fare refresh de LaRoma24 per capire la formazione e il tuo livello di produttività scende sotto l'asse dell'ordinata.
Quando lasci a metà il pranzo perchè proprio non ce la fai.
Quando senti la tensione che sale che neanche al primo appuntamento con uno che ti piace.
Perchè il derby è derby.
Non c'è niente da fare.

E allora vai allo stadio prima del solito, passi tra sassi che volano e lacrimogeni che scoppiano (che la mamma dei cretini continua ad avere seri problemi con la contraccezione), speri di arrivare sana al tuo posto. 
Tutto per una partita.
La partita.
E questo giro è La partita che ti dirà ancora se c'è un campionato da disputare o se è già ora di pensare al prossimo.
Il veleno lo senti che sale, nelle vene, con un cuore che pompa sempre più forte.

C'era un tempo in cui galleggiavi a metà classifica, l'Europa che contava la vedevi in televisione e pensavi "forse un giorno". In cui l'unico obiettivo era quello di uscire alla "meno peggio" dalla gogna del derby. Era il 1991, 1992, 1993 e i derby si vedevano in casa al tuo posto o fuori casa in Tevere, vicino ai laziali, senza necessariamente il bisogno di accoltellarsi. Finivano sempre 1 a 1, segnavano a turno Voeller, Sosa, Riedle e Rizzitelli. Noiosi fino all'elettroencefalogramma piatto. Ma tanto da nessuna parte dovevi andare, dall'una e dall'altra parte l'unico obiettivo era cercare di sopravvivere fino al prossimo senza far parlare l'avversario. Perchè con un derby ci campavi tutto un girone.

Poi sono arrivati anni migliori, le prime posizioni le vedevi, le toccavi, ci provavi, qualche volta ci arrivavi. E il derby non era solo la stracittadina, erano 3 punti in più o in meno nella strada in salita per renderla meno ripida. E non è un caso che di pareggi non se ne vedessero dal 2007.

E invece ieri pareggio è stato.
Per gli amici, l'ennesima occasione buttata.

E va bene, poteva andare peggio, loro sono stati più squadra. 
Sono andati in vantaggio e sono stati anche bravi a tenerlo.
Fino a quando è arrivato uno di quei momenti che cambia una partita.
Sulla possibilità di fare il due a zero, il rigore lo sbagliano.
E da lì è black out biancoazzurro, ora lo sanno anche loro. 
Questo risultato si può ribaltare.
E quando Totti mette dentro il rigore che danno a noi, che religiosamente non guardo come da 22 anni a questa parte, ma attendo senza fiato con la testa nascosta tra le gambe, a quel punto lo dovremmo sapere pure noi.
E' ora di vincere.
O quantomeno di provarci. 
Con la rabbia, con la corsa, con quella voglia che hai solo quando vuoi veramente qualcosa. Contro tutte le paure, con tutti i rischi.
Ma noi no.
Noi non ce la facciamo.
Noi non lo vogliamo.
Bastava pressarli alti, chiuderli nella loro area, sfruttare la superiorità numerica che un sacrosanto cartellino rosso aveva decretato.
Buttare la palla in mezzo senza soluzione di continuità. Fino allo sfinimento.
Giocare con la loro paura.
E invece noi abbiamo continuato ad applicare l'unico schema che ci riesce da anni: 
"Totti che porta palla e tutti gli altri a fanculo".
Ma se in 11 contro 10 ci puoi provare, in 1 contro 10 ringrazia il cielo che arriva il triplice fischio.
E finisce esattamente come finiva quando non contavamo niente.
Forse qualche cosa vorrà pur dire.

Non è tempo per noi, e forse non lo sarà mai, canterebbe il buon Liga.

Ma visto che siamo tornati ai tempi antichi e in modalità "ariconsolate cò l’aglietto", il poker datevelo in faccia, cari cugini che non c'ho.
Alla prossima.
"Con tutto l'odio che c'è, sempre più grande".